giovedì 6 giugno 2013

THE INDIAN DREAM

Ecco a voi un servizio delle IENE girato a Chennai, la mia base indiana fino a poco fa. Credo si possa parlare di "sogno indiano" a pieno titolo dato che il tema di fondo è il microcredito, uno strumento efficace per combattere la povertà e favorire l'inclusione sociale.

http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/372621/trincia-il-microcredito.html

domenica 17 febbraio 2013

Il viaggio prosegue...AHIME'

 Bikaner: la facciata del tempio dei topi
Lasciata Bikaner mi sono diretto verso Jodhpur dove "un'intruso", ahimé, avrebbe dato fine alla mia preziosa solitudine nonché alla mia indipendenza. Sul percorso, però, non ho potuto evitare la visita al Tempio dei Topi di cui non avevo cognizione di causa, ahimè. Avevo solo sentito parlare di un tempio delle tope nei pressi di Arcore, ma questa doveva essere una cosa diversa. Per uno strano presentimento non volevo togliere le scarpe questa volta, così ho provato a fare lo gnorri in grande stile e poi a litigare inutilmente con un tenacissimo quanto vecchio e scorbutico guardiano; peraltro in una lingua sconosciuta, fatta per lo più di versi privi di suoni vocalici dove il mio dialetto è tornato molto utile.

Topi protestano contro il governo per il taglio dei servizi primari
Varcata la soglia del "tempio", scalzo, circondato da topi talmente grandi che un elefante, prima di scappare, entrerebbe in crisi d'identità, e su un pavimento così lercio il cui solo ricordo  rivolta le viscere, ho pensato che in fondo le strade di Napoli ricolme d' immondizia, fanno ancora in tempo a diventare patrimonio dell' UNESCO, ahimè. Tra la gente che venera i topi e quella che gli prepara da mangiare, lo scenario più che surreale è di ordinaria follia,  armoniosamente celato da un pretesto religioso/culturale. Dopo lo stupore iniziale, ahimé, mi sono sentito come in Italia.
Il cuoco e la cucina: cose da topi!
Infatti, tra i mille sondaggi elettorali ce n'è uno segreto, commissionato congiuntamente dai maggiori partiti politici della storia della seconda repubblica -non merita la R-  da cui emerge che l'elettore italiano medio ha trascorso un periodo di training in questo posto, a fare ingrassare i topi a proprie spese e a sguazzare lamentosamente nella loro merda. Disgustasto e  semi-scioccato, mentre realizzavo che si trattava della mia vigilia di Natale, ho ripreso il cammino verso Jodhpur consapevole del fatto che il peggio della giornata, ahimè, sarebbe dovuto ancora arrivare.

A Jodhpur, la città blu, ho trovato ad aspettarmi una "deliziosa" dottoranda birromane tedesca che improvvidamente e sciaguratamente si è aggregata al mio cammino, ahimè, mistificandolo. Dotata della melodiosa voce di Vanna Marchi, del buon senso diplomatico della Mussolini, delle buone maniere e della pazienza di Sgarbi nonché del sobrio buon gusto di Borghezio, un amabile incrocio di rottweiler e donna kapo avrebbe tormentato il mio viaggio e soffocato il mio profondo senso di libertà: avrei preferito essere
un deputato Pdl costretto a votare le leggi ad-personam.



La sig.na Rottermeier dopo una serie di episodi imbarazzanti e ricchi di tensione, composti da attacchi frontali e discussioni ignobili con i malcapitati di turno, in cui ho sempre dovuto faticosamente mediare per una risoluzione pacifica, e dopo aver cercato in tutti i modi di compiacere il suo superego a favore del quieto vivere, mi ha pure costretto ad incassare il giornaliero disappunto sulla mia condotta discreta e pacifica. E' in momenti come questi che si può capire realmente il corso di alcuni avvenimenti della Storia: io, ho sperimentato l'invasione della Polonia.


 Il forte di Jodhpur
A Jodhpur, il soggiorno è trascorso abbastanza piacevolmente tra gli anfratti del suo forte e i viottoli della città vecchia ai cui piedi, per la prima volta in vita mia, ho visto un uomo con indosso un mantello ma completamente nudo frontalmente aggirarsi indisturbato per le strade.  Al risveglio ci siamo diretti a Pushkar, una ridente e relativamente tranquilla cittadina, adagiata tra le montagne che le conferiscono un' inconsueta atmosfera pacifica nonostante il robusto flusso turistico.


Pushkar
A Pushkar, le maggiori attrazioni sono l'unico tempio esistente dedicato a Brahma, il Dio della crazione -autogeneratosi e sbucato da un fiore di loto- nonchè il più importante della sacra trinità (gli altri due sono Shiva e Vishnu), e il lago sacro. Ai piedi del tempio di Brahma, dentro il quale non si possono fare foto, la mia compagna di viaggio si è resa protagonista di un assurdo litigio con un venditore ambulante di spremute per la risibile somma di 30 rupie (meno di 50 centesimi di euro). La gente assistiva incuriosita mentre il venditore le restituiva i soldi e ci regalava, sdegnato e incazzato, due spremute. In quest'occasione stavo facendo una foto a delle bambine e non ho potuto capire se ci fosse stato un malinteso oppure se, come fanno la maggior parte dei commercianti nei confronti dei turisti, abbia provato a fregarci.
Le bimbe a cui scattavo la foto
Il punto è che, ad un certo momento, tra l'esasperazione dei venditori che ti inseguono e la stanchezza delle contrattazioni e delle perenni fregature da fiutare, si perde facilmente la pazienza e quindi la lucidità; se poi si aggiunge la completa mancanza di buon senso e flessibilità -tipico dello stereotipo tedesco perfettamente incarnato dalla nostra sig.na Rottermeier- allora bisogna essere pronti a tutto. In ogni caso, tra l'imbarazzo e l'attenzione generale per i quali sarei voluto sparire, iniziavo a innervosirmi anche io e a pensare che sarebbe stato un viaggio più lungo  e difficile del previsto. Comunque, il bello di Pushkar doveva ancora arrivare e mi aspettava precisamente al lago sacro.

All'entrata del tempio di Brahma
Lago sacro di Pushkar
Vi racconto subito: all'entrata del lago sacro, che appunto è barricato come fosse una fortezza, mi regalano un fiore da gettare nel lago per rigraziare piribin piriban, e lo prendo senza fare storie e senza curarmi troppo del fatto che in India tutto ha un prezzo, almeno per i turisti. La tedesca mi rimprovera e io, mentre mi chiedo che male ho fatto, tiro avanti sicuro e indifferente. Dopo di che, un personaggio poco raccomandabile mi prende per un braccio e mi trascina in un settore particolare, dedicato agli uomini per la preghiera. Io gli dico che non uscirò una rupia per niente del genere e lui insiste che non ne vuole e che vuole, solo, insegnarmi a pregare.
"Il prete" ed io prima della preghiera
Io sono incuriosito, lo scruto per bene, vedo che ha un piatto di fiori e colori in polvere, qualche chicco di riso, una ghirlanda al collo e un espressione del c.... Gli ripeto che non gli darò neanche una rupia e poi mi siedo: ero troppo curioso di vedere dove si sarebbe arrivati. Inizia a farmi ripetere dei mantra in Hindu e a me viene da ridere perchè ripeto a caso e male dei suoni assurdi e senza senso: solo ora capivo come si sentono Sara Tommasi o Flavia Vento, anzi come si sente Gasparri oppure...vabbè, scegliete uno a piacere vostro che in Italia, ahimè, ne abbiamo troppi. Dopo di che è arrivato il momento della ripetizione alternata dell' "Om" e dell'invocazione degli Dei della trinità per chiedere protezione, prosperità piribin piriban, il tutto mentre mi colora la faccia. Alla fine della fiera il religiomane fondamentalista, disinvolto, arrembante e sicuro di se mi fa: "Ora devi fare la carità per i poveri. La gente lascia tra le 5000 e le 15000 rupie qua (70-200 euro)". Io, cerco di mantenere la pazienza e sdegnato e imbufalito ma ancora nei limiti delle buone maniere gli rispondo: "non ti do niente, prenditi il piatto che devo andare", facendo per alzarmi. Lui si anima tutto, mi trattiene per il braccio e fa per tenermi seduto senza prendere il piatto che gli tendevo e mi dice: "Tieni il piatto altrimenti rovini il mantra. I soldi non sono per me, devi fare la carità per i poveri  perchè si avverino tutte le cose che hai chiesto, altrimenti gli Dei...". Allora perdo la pazienza, metto da parte la diplomazia e guardandolo minacciosamente negli occhi gli rispondo: "Non ti do niente, primo perchè la carità ci penso io a farla quando e come voglio e non me la devi chiedere tu; secondo, non te la do perchè tu sei un disonesto e imbrogli la gente usando la religione. Quindi, ringraziami se non ti prendo a calci nel culo e lasciami andare". Lui, tenace e imperterrito, mi trattiene ancora per il braccio e fa: "Io sono un prete ecc...". Io, al limite dell'esasperazione, alzando la voce gli dico: "Oh! -alla barese maniera-  O mi lasci il braccio, o ti butto nel lago". Il fantomatico prete decide saggiamente che non è il caso di rischiare e s'arrende, facendo bene perchè ero intenzionato a scaraventarlo in quell'acqua, torbida sempre meno di lui.

Salita verso l'entrata del forte di Amber
Jaipur: Amber Fort
Lasciata Pushkar, con un pizzico di dispiacere nonostante certi episodi, ci siamo diretti a Jaipur, quella città che compone il triangolo d'oro con Delhi e Agra. Il soggiorno in questo posto è stato particolarmente estenuante per quanto mi ha riguardato. Un posto talmente caotico, affollato, intasato e inquinato che il senso di squallore, provato fin dall'arrivo, mi ha subito suscitato repulsione. Così come ero arrivato, così avrei voluto ripartire. Ricordo solo fiumi di persone tra le strade polverose e trafficate che non facevano altro che fissare e disturbare in qualunque modo. Centinaia di mercanti che con i soliti modi estenuanti, tipici di tutte queste città turistiche, ossessionano la gente con domande banali e giochetti stupidi volti a tirarti nei mille negozi traboccanti delle solite cianfrusaglie. Centinaia di persone che ti vengono incontro, ti toccano, tentano di rifilarti qualunque cosa, ti chiedono una foto con loro tante volte da scattare con la tua stessa macchina fotografica -e che se ne fanno?-, o chiedono soldi. Mi viene da chiedermi cosa mi abbia tanto infastidito, dato che tutta l'India turistica, soprattutto al nord, presenta le stesse caratteristiche e offre le stesse noie.

Anche a Jaipur, ovviamente, la sig.na Rottermeier non ha perso occasione per mostrare di che pasta è fatta. Ha fatto questioni con una venditrice di arance buttata per strada, che effettivamente ha provato a caricarle la "scandalosa" somma di 20 rupie sul prezzo di mercato agli indiani, ha fatto le pulci ad alcuni  venditori di pietre preziose o presunte tali, è riuscita ad ottenere uno sconto del 50% sul costo del modesto albergo in cui abbiamo pernottato per il fatto che una parte era ancora in costruzione o ristrutturazione ecc... insomma, ogni occasione era presa al volo per farne delle fastidiosissime quanto improbabili ed insulse questioni.

Non vi dico poi quant'è stato difficile lasciare Jaipur per dirigerci ad Agra: una tortura. Non vi ho detto che da Jodhpur ad Agra, abbiamo usufruito di una macchina con autista per affrontare un itinerario impossibile in treno in tempi così ristretti. Bene. Avremmo dovuto lasciare Jaipur in mattinata per arrivare ad Agra in primo pomeriggio, così da evitare la nebbia fittissima che si crea, quasi ogni giorno, in questa zona particolarmente inospitale. Invece, il nostro autista, per motivi indecifrabili e indecifrati rimanda la partenza dopo pranzo. Apriti cielo! La Rottermeier fa scattare ufficialmente la faida ufficiosamente aperta già dal secondo giorno con quell'altro genio di autista che ci era capitato e che, successivamente, avrebbe implicato dei risvolti poco piacevoli.  Ovviamente, tutti riservati a me. Sedati i cavalli e con circa sette ore di ritardo sulla tabella di marcia -che generalmente il tedesco medio ha più a cuore delle proprie finanze e ho detto tutto- ci avviamo sulla stada per Agra, che avrebbe dovuto rappresentare la tratta più corta, precisamente 4 ore. Così semi distrutto, mentre incominciavo ad immaginare il Taj Mahal, "rischio" di cadere in un sonno profondo e meritato che, però, non mi sarebbe stato concesso: infatti, dopo una mezz'ora di macchina, foriamo! A questo punto decido di chiamare Giacobbo, il presentatore di Voyager, ossia di quella trasmissione di divulgazione pseudo-scientifica che tutti conoscono grazie alla parodia di Crozza -Kezzenger- che tra l'altro è più seria, per proporgli una puntata speciale sul mio talento raccapricciante da calamita di calamità.

CONTINUA...


P.S.: Non ce l'ho con i tedeschi e, per fortuna, prima dell'incarnazione della Rottermeier sul mio cammino, ho conosciuto un buon campione di ragazzi tedeschi molto in gamba, più flessibili, ragionevoli e, soprattutto, molto più empatici. 

venerdì 15 febbraio 2013

COMMESSE E COMMISSIONI INDIANE

Il nostro pifferaio magico preferito, che ama farsi suonare magicamente il piffero dalle sue preferite, continua a fare apologia dell'illegalità, a dare lezioni di etica imprenditoriale e ad alimentare il mito del fuorilegge impunito di "successo", elevandolo al rango di eroe sociale  che -attenzione- in tanti vorrebbero emulare. 

Peggio che in qualunque repubblica delle banane,  insomma. Per intenderci, la corruzione è costata alla Russia post-comunista un ventennio di miseria peggiore che durante il comunismo -paradossale- quando nel suo periodo di transizione all'economia di mercato gli uomini del governo hanno, letteralmente, regalato lo Stato ai propri tycoon di fiducia; appunto una fiducia tutta basata sulle tangenti.  (leggere "La globalizzazione e i suoi oppositori" del premio Nobel J. Stiglitz)

In ogni caso, il pifferaio l'altro ieri ha detto sostanzialmente che:

«In Italia e in altre democrazie queste cose non esistono, ma inutile giudicare anche quello che accade in India. Questi sono assurdi moralismi»;


«La tangente è un fenomeno che esiste non si possono negare le situazioni di necessità se si va trattare nei paesi del terzo mondo o con qualche regime»;
aggiungendo poi che le tangenti all'estero sono commissioni e che vanno pagate,  altrimenti si rimane a casa. 

Bene. L' India -che non è un paese del terzo mondo tanto meno una dittatura- è interessata da un regime corruttivo devastante, è vero. Come è vero che le tangenti non sono commissioni e che gran parte degli indiani le ripudia e le combatte. Oggi la più importante ONG indiana contro la corruzione "I Paid a Bribe", nella persona della sua fondatrice, definisce disastrose quelle parole ed è incredula che un leader di un paese sviluppato e democratico, invece di condannare i coinvolti essendo il più alto modello di moralità per i cittadini italiani -seee vabbè-, giustifichi quest'idea di corruzione.
Inoltre, anzi soprattutto, l'immagine sopra, che ho scattato proprio ieri qui a Chennai, in un ufficio pubblico, dice: "Non pagare tangenti. Se chiunque in quest'ufficio chiede una tangente o siete a conoscenza di fenomeni corruttivi in quest'ufficio, o se siete vittima di corruzione in questo ufficio, potete reclamare...".
P.S.: la corruzione falsa la concorrenza penalizzando i concorrenti leali, distrugge l'economia di mercato quindi il sistema economico nazionale, disincentiva pesantemente gli investimenti (diretti) esteri di cui avremmo un immenso bisogno. 

giovedì 7 febbraio 2013

Il lato oscuro della scienza

A Chennai sono circa le undici di sera di una giornata qualunque lenta, noiosa e inutile. Le strade sono semi deserte ma c'è ancora qualche imbecille che suona clacson a vanvera guadagnandosi le mie ingiurie. Ci metto un po' a trovare le parole giuste quando mi ricordo del mio dialetto: mi manca! Allora lo uso, mi diverto e mi manca di più come la focaccia barese, i  panzerotti, i frutti di mare, l'aria salubre, la gentilezza allegra del sole, la simpatia spontanea e genuina dei concittadini, la bellezza luminosa di tanti scorci della città ecc. 

A Chennai sono circa le undici di sera. I locali chiudono quando la birra non si può più servire già da mezz'ora se non in alcuni posti, alcuni nascosti altri meno ma, comunque, poco piacevoli quando non proprio di pessimo gusto, mentre l'aria putrida si alza dalla strada e scorazza prepotente per quegli spazi che gli sono impediti durante il giorno. Per un momento sembra di essere avvolti nell' atmosfera gotica di certe descrizioni della Barcellona di Zafón. Vabbè, un'altra storia.

La testa è pesante, il fisico lo è meno grazie alla palestra tranne lo stomaco, pesantissimo per il  grasso e ustionante Paneer Tikka Masala buttato giù, a cena, senza troppo entusiasmo. Mi ripeto che la devo smettere di mangiare sta merda, in fondo un'alternativa salutare c'è sempre e fiumi di riso in bianco scorrono nella mia mente. Si sostituiscono alla corrente del traffico, della gente e del piombo che si respira per la strada. Al morale, preferisco non dar voce. 

Combatto la mia guerra quotidiana con le zanzare, anzi, contro "i leoni alati" che invadono quotidianamente la mia stanza impedendo un sonno continuato e ristoratore. A volte vinco, altre mi rassegno, altre ancora svalvolo. Questa volta rido incredulo, allibito.

A Chennai sono circa le undici di sera e nel corridoio fuori alla mia camera, generalmente deserto e silenzioso, sento diverse voci. C'è uno strano fruscio di suoni irriconoscibili che circa un quarto d'ora prima avevo già avvertito, però senza dargli peso. Fuori ci sono tre persone. Scopro che si tratta di tre ingegneri di Taiwan, di cui due professori, che confabulano animatamente. 

Chissà che avranno da discutere in quel modo, a quell'ora e in un corridoio intasato di zanzare, penso io. Bè, per prima cosa sono tre ingegneri, di cui due professori. Poi, vengono da una delle famosi "tigri asiatiche", quella Repubblica Nazionalista Cinese che rivendica la propria sovranità anche sulla Repubblica Popolare Cinese -quella comunista, per intenderci-, nonchè di uno dei paesi(ni) più avanzati al mondo. Come minimo, staranno progettando dei droni per riconquistare la Cina continentale e comunista previa sottomissione indiana -per una questione di numeri più che altro-, penso io. 

Invece, più tardi avrei scoperto che, i tre "scenziati", non riuscivano ad aprire l'acqua di una banalissima doccia.

A Chennai sono le ventitre circa e questa volta rido incredulo e allibito ma sempre perplesso. Forse preoccupato. Ora ho la certezza che l'Asia ha tutte le carte in regola per tenere, saldamente, le redini del mondo.


domenica 3 febbraio 2013

L'India del nord è una miniera di...carbone!


Bikaner: esempio di mucca su strada trafficata
Se qualcuno mi chiedesse di dare una definizione dell'India del nord, direi che è una miniera di carbone. Infatti, dopo qualche ora trascorsa a Delhi, Jaipur, Varanasi o Calcutta, passarsi un fazzoletto sul volto o soffiarsi il naso, potrebbe essere un'esperienza morbosamente disgustosa, simile ad una trasmissione della Ventura, della D'Urso o della de Filippi, che più fanno rivoltare lo stomaco e più gente le guarda, rimbambendosi! Il nero sul fazzoletto fa credere di aver lavorato in una miniera di carbone senza essersene accorti, magari sotto effetto di stupefacenti oppure sotto ipnosi ad opera di un Samana o di un Sadhu, ipotesi non troppo remote da queste parti.

Delhi-dettaglio della città vecchia
Anzi, gli operai dell’ILVA e della Carbosulcis, anzichè preoccuparsi, potrebbero spostarsi da queste parti  per garantirsi una migliore “qualità di vita” di quando avevano un lavoro, e senza lavorare più. Infatti, avrebbero la stessa sensazione di respiro gravoso e polmoni avvelenati ma ci guadagnerebbero in dignità, dato che in India vivere alla giornata è un esercizio virtuoso, le differenze sociali sono ridottissime e morire di stenti o malattie non è patologico bensì fisiologico.


Delhi: proteste all'India Gate
Dunque, l'esperienza in miniera mi ha riservato tanti momenti particolari e scoperte sbalorditive fin dal primo giorno di viaggio. Appena arrivato in una Delhi semi paralizzata e sconvolta dallo stupro di una ragazza che sarebbe morta alcuni giorni dopo,mentre vagavo intorno al perimetro del lago sacro di un tempio sikh mangiando obbligatoriamente una pappetta dolce servita nelle mani rigorosamente sporche,


Delhi: Bangla Saheb alcuni secondi prima del tentanto furto
ho ricevuto il saluto ufficiale delle autorità del luogo: stavo per subire il primo furto in presa diretta di matrice indiana. Per fortuna ho capito tutto per tempo e ho avuto modo di sfoderare la mia arma di auto-difesa: un pupazzetto della Santanchè, non a caso di silicone, che barrisce appena la spettini. Quindi il poveraccio, dopo esser scappato più in fretta di Corona ed esser stato scoperto a indossare una maschera di Fini per legittima difesa, è stato accompagnato in un ospedale psichiatrico dal quale non uscirà più.


Mandawa: Cortile interno di un Haveli
Lasciata Delhi senza rimpianti, dopo un pomeriggio speso nell'accattivante formicaio labirintico della città vecchia e una notte glaciale in un ostello ubicato nel bazar principale, mi sono diretto alla volta del coloratissimo Rajasthan. Innanzitutto son passato da Mandawa e Bikaner, due tappe sulla celeberrima via della seta, popolate dagli haveli, cioè i palazzi antichi piacevolmente decorati dei commercianti della seta.

Bikaner: trova l'intruso
In queste città ho scoperto un collaudatissimo sistema di "commercio turistico", un meccanismo ingegnoso di creazione di lavoro connessa ad un offerta turistica alternativa. In pratica, il turista di turno, una volta identificato da una rete di nullafacenti professionisti, viene segnalato all'adescatore più vicino che, immediatamente, tenta l'approccio. Se il tentativo non va a buon fine, carpita la nazionalità, il turista sarà raggiunto tempestivamente da un indiano che parla la sua lingua. A quel punto, dopo una serie di acrobazie senza fine e limiti all'immaginazione, riescono a familiarizzare con il "cliente"  accompagnandolo in lungo e in largo nei meandri della città. Una volta esaurita la curiosità del cliente, averlo piacevolmente intrattenuto e approfondito i suoi gusti, l'adescatore lo accompagnerà presso il negozio che ritiene congeniale, ovviamente di qualche suo amico. Alla fine della fiera, risulterà impossibile non comprare qualcosa, se non altro per ricambiare il servizio di guida e intrattenimento gentilmente e abilmente offerto dall'adescatore.


Io, pur sapendo che in India nessuno fa niente per niente e tutto ha un prezzo, soprattutto se sei un turista e per di più occidentale, ho sempre colto le occasioni di incontro con atteggiamento positivo e proattivo, almeno in questa prima fase del viaggio. Così ho incontrato tanti personaggi, pittoreschi o picareschi, fedifraghi o improbi, sempre e comunque tutti condannati a recitare il proprio copione, impartito dalla cruda miseria di questo circo efferato.

Mandawa: comparse a pagamento post-scatto

Bikaner:  raro esempio di fenomeno da baraccone per necessità
Tra i tanti figuri e figuranti, è stato di particolare sollievo scovare, fatalmente, i primi due cordiali e cortesi intrattenitori senza secondi fini, che guadagnano la vita guidando rickshaw: i più belli e genuini, guarda caso, sono sempre tra quelli più umili e socialmente deboli che, nonostante tutto, accettano qualunque cosa tranne contrattare, barattare, svalutare i propri principi, quindi negare se stessi.



Bikaner: intrattenitori senza secondi fini

Perchè se è vero che non siamo tutti uguali ma abbiamo pari dignità, questo inestimabile e inalienabile valore umano che ci accomuna bisogna preservarlo e alimentarlo di giorno in giorno, altrimenti continueremo sempre a fare passi indietro. Chissà, magari fra un po' anzichè nel circo ci ritroviamo allo zoo.

CONTINUA...

giovedì 20 dicembre 2012

Buon Natale!


Cari amici, vi scrivo per l'ultima volta in questo 2012. Fra poche ore lascerò Chennai alla volta di Nuova Delhi per intraprendere un lungo viaggio in solitaria, zaino in spalla, che mi porterà fino a Calcutta; o almeno, così si spera. Percorrerò -incrociate le dita per me- 2600 Km in treno, toccando sette tappe di quattro stati diversi del nord e, non ho ben capito, se invece ne attraverserò cinque o sei di stati, ma a questo punto cambia poco. 

L'Idea di fondo del mio itinerario è quella di visitare i luoghi principali e i popoli che circondano il fiume Indo, da cui prese vita la civiltà indiana, e la divinità del (fiume) Gange, che tanto significa per gli induisti, per osservare e prendere parte, in qualche modo, alla loro quotidianità. Non ho la minima idea di cosa mi riserverà questa esperienza ma, in ogni caso, spero di potervi rendere partecipi presto.

Ne approfitto per salutarvi tutti affettuosamente, ricambiando l'affetto che mi avete dimostrato seguendo ed apprezzando il mio diario sui generis, per augurarvi un felice e rigenerante Natale e, soprattutto, un nuovo anno migliore di quello che stiamo lasciando.

Vi lascio con un brano a me caro, estratto dal Siddartha di Hesse, che vuole essere un regalo natalizio simbolico se non un vero e proprio augurio sincero. A presto! 


"A volte percepiva, nella profondità dell'anima, una voce lieve, spirante, che piano lo ammoniva, piano si lamentava, così piano ch'egli appena se ne accorgeva. Allora si rendeva conto per un momento che viveva una strana vita, che faceva cose ch'erano un mero gioco, che certamente era lieto e talvolta provava gioia, ma che tuttavia la vita vera e propria gli scorreva accanto senza toccarlo. Come un giocoliere con i suoi arnesi, così egli giocava coi propri affari e con gli uomini che lo circondavano, li osservava, si pigliava spasso di loro: ma col cuore, con la fonte dell'essere suo, egli non era presente a queste cose. E qualche volta rabbrividì a simili pensieri, e si augurò che anche a lui fosse dato di partecipare con la passione di tutto il suo cuore a questo puerile travaglio quotidiano, di vivere realmente, di agire realmente e di godere e di esistere realmente, e non solo star lì come uno spettatore."